Alla mostra “L’Arte Inquieta. L’urgenza della creazione” l’Azienda USL IRCCS di Reggio Emilia partecipa con molte opere custodite dall’Archivio del San Lazzaro, espressioni straordinarie e pensose di bellezza proveniente dal manicomio.

Questa mostra è importante per noi e ringrazio la Fondazione di Palazzo Magnani, il Direttore Davide Zanichelli, l’Assessora Annalisa Rabitti, Silvia Cavalchi, i curatori Giorgio Bedoni, Claudio Spadoni e Johann Feilacher e le tante altre persone che vi hanno contribuito. È importante perché valorizza il ricco patrimonio dell’Archivio del San Lazzaro di Reggio Emilia. Contribuiamo con oltre 50 opere con parecchi inediti: soprattutto il nucleo di scritti e disegni dei ricoverati trovati in cartella nel corso della schedatura che stiamo portando avanti. Su questi in particolare è in corso uno studio paleografico, tentato per la prima volta su materiali di un ex ospedale psichiatrico. L’Ausl si è sempre fatta carico della conservazione di questi materiali e negli ultimi anni sta continuando un importante lavoro di catalogazione e inventariazione che ci ha permesso di individuare e selezionare le opere. Desidero menzionare come manager e magistra di questo lavoro per Ausl Chiara Bombardieri, ma voglio ringraziare anche Alessandro Gazzotti, responsabile delle collezioni dei Musei Civici, che segue questo progetto da cinque anni e Adelaide Ricci, che sta conducendo lo studio sulle calligrafie.

Ph. Matteo Losurdo – Kublaiklan

Un Archivio conserva materiali perché siano riscoperti, non è un sarcofago ma è una casa di ricordi vivi, un po’ come quando si guardano le foto di una relazione per riattualizzarne la storia. Questa mostra è importante per noi perché consente di rendere questi ricordi presenti, vivi, nel dialogo con le istituzioni e la cittadinanza. Sono ricordi particolari in quanto sono a tutti gli effetti artefatti, opere d’arte che documentano storie personali e collettive, fantasmi, sofferenze, speranze di autori che ci hanno consegnato un lascito molto prezioso. Prezioso fintantoché lo si sappia illuminare come si fa con gemme che non possono brillare al buio e che appunto hanno bisogno di essere scoperte, spolverate, illuminate sapientemente, lette, esposte, mostrate, esibite. È questo che avviene oggi.

Ph. Matteo Losurdo – Kublaiklan

Questa mostra è importante per noi perché la scelta di dare valore a questi segni risponde a dei valori di testimonianza, di compassione e di riflessione. Di testimonianza di un mondo, quello manicomiale, dell’istituzione totale, che è stato per migliaia di persone luogo di vita dove secondo parametri paradossali si occultava la diversità, si annientava l’individualità e nello stesso tempo si rinchiudeva e a volte custodiva la fragilità. Queste opere sono l’eccezione alla regola del silenzio e del buio. Esibire questi documenti è liberatorio e per certi versi riparatore.

L’inquietudine unita alla bellezza che esprimono le opere del San Lazzaro risuona con l’inquietudine di noi spettatori che aspettano e sperano di diventare autori di tempi migliori, in tempi così travagliati. Il gesto creativo che ha mosso queste opere allora era in sé eversivo in quanto evadeva la noia infinita dei giorni tutti uguali. Ci ricorda l’importanza di non restare muti, l’obbligo di trovare forme di comunicazione per esprimere l’indicibile, di non quietarsi e accontentarsi ma di essere incoercibilmente indomiti, irriducibili e, alla fine vitali e non disperati.

Scegliere le opere del San Lazzaro di questa mostra è soffiare su braci che covano sotto la cenere. Sono braci incendiarie in quanto ci obbligano a pensare, illuminano temi esistenziali universali e ci toccano con la stessa urgenza che le ha promosse. Stimolano una compassione, sentirsi uniti dalla stessa emozione, alla stessa umanità. Alcune sono emozioni angosciate e angoscianti ma prima di tutto ci ricordano la necessità che le persone hanno di lasciare un segno, anche nelle situazioni più estreme. Le braci possono diventare torce, il carboncino combusto può diventare tratto. I segni lasciati vanno illuminati e letti, raccolti. Questa mostra ci insegna l’importanza di farlo e ci insegna a farlo.

Ph. Matteo Losurdo – Kublaiklan