Ci sono sicuramente molte differenze visibili tra la cultura occidentale e quella orientale che determinano anche diversi comportamenti sociali.

Lo abbiamo notato anche in questo periodo, in cui viene richiesto un distanziamento fisico tra le persone che per il nostro modo di vivere sembra essere quasi impossibile da mantenere per lunghi periodi.

Nel 2010 Pierfrancesco Celada, fotografo lombardo attualmente di sede ad Hong Kong, ha concentrato la sua riflessione sulla megalopoli giapponese che riunisce le città di Tokyo – Nagoya – Osaka, cuore di quella che viene indicata come la Taiheiyō Belt, un agglomerato urbano che supera gli 80 milioni di persone.

Il progetto Japan, I wish I knew your name è stato presentato a Fotografia Europea 2019.

Lo sguardo fotografico di Celada si concentra sull’osservazione di come, con l’aumentare delle interazioni umane possibili si registra in realtà una loro riduzione quasi a zero: più persone potresti incontrare, meno decidi di incontrarne.

Le immagini che ci scorrono davanti ritraggono persone isolate, lontane le une dalle altre, alla ricerca di loghi da vivere in solitudine.

Se, in centri minori, l’individuo ha un ruolo sociale più attivo, con una fitta rete di conoscenze ed effetti concreti sulla comunità in cui vive [Eriksen, 2011], nei centri urbani più densamente popolati l’individuo tende invece ad isolarsi e mantenere contatti diretti con un numero ridotto di persone, preferendo i moderni sistemi di comunicazione e scegliendo, a volte, soluzioni estreme.

Il giappone infatti è famoso anche per il fenomeno sociale degli Hikikomori, che indica tutti quelle persone, prevalentemente adolescenti, che hanno intenzionalmente deciso di non avere contatti sociali e si rinchiudono nelle proprie stanze per periodi superiori ai sei mesi. Sono stati registrati casi anche di persone che hanno vissuto in completo isolamento per decine di anni. Secondo alcune stime il fenomeno degli Hikkikomori interessa l’1% della popolazione giapponese.

Con il progetto fotografico Japan, I wish I knew your name, Celada vuole creare consapevolezza ed evidenziare i problemi che la modernizzazione e i rapidi cambiamenti nell’ambiente creano nella nostra vita. La sua riflessione si chiude con alcune domande cardine che risuonano anche in questo momento storico che ci costringe a riflettere sull’importanza e sulle possibili nuove modalità di relazioni sociali.

È ancora importante essere o sentire di essere parte di un gruppo?

Ci sentiamo parte del nostro ambiente circostante?

Siamo da soli in mezzo alla folla?