Beppe Villa / Fabio Iemmi /
Nazzarena Poli Maramotti / Manuel Portioli
nella Chiesa dei SS Carlo e Agata
dal 7 ottobre al 4 dicembre 2022.
Quale vivente, dall’acuta sensibilità,
tra le meravigliose visioni che riempiono il vasto spazio attorno a lui,
non ama sopra ogni altra la giocondissima Luce,
coi suoi colori, coi suoi raggi, coi suoi ondeggiamenti,
con la sua mite onnipresenza, come il giorno nel suo risvegliarsiNovalis, Primo Inno alla Notte
Hanno forma le manifestazioni fenomeniche della natura? I suoi grumi, le particelle, i nuclei? Possono sopravvivere la scultura e la pittura al vertice delle esperienze immaginative, sottraendosi alla pressione delle produzioni massmediatiche tecnologizzate? In un libro recente, “L’innominabile attuale”, Roberto Calasso parla di un mondo sfuggente, di una età della inconsistenza forse specchio di una industria culturale spietata e incalzante, dominata dalle leggi della produzione.
Nella confutazione degli eccessi del materialismo, pochi linguaggi come quello della scultura minimale sorretta da ideali di semplicità e di essenzialità – spesso espressi in una armonica reiterazione – sono apparsi altrettanto efficaci. Così come la cura di un segno pittorico rivolto ai temi della forma e dell’informe, degli spunti naturalistici e della funzione simbolica degli elementi dell’opera. L’illusione, si direbbe, di raggiungere l’irraggiungibile nella totale mancanza di aderenza alla realtà delle cose e della vita nel perseguire l’obiettivo di una rappresentazione vaga e indeterminata che ricomponga idealmente spirito e Natura.
L’idea quindi di una pratica morale dell’arte che – precorsa dalla meditazione di William Turner sulla marginalità dell’umano al cospetto delle forze ancestrali della Natura – trova compimento nella elaborazione della coincidenza tra critica estetica e critica sociale di John Ruskin ed anche nella mitizzazione del lavoro collettivo successivamente operata, all’inizio del ‘900, negli atelier di De Stijl e Bauhaus.
Visioni del mondo dirette all’opposizione ed alla liberazione da ogni forza autoritaria o utilitarista, sorrette dalla spontaneità e dalla fede nell’irrazionalità, perfino riferimenti ideali nello scorso secolo dei movimenti Dada, Surrealisti e Situazionisti.
Uno sviluppo rettilineo, fertile di conseguenze, che porta a considerare come in prospettiva – nella evocazione di Nicolas Bourriaud – “la battaglia per la modernità prosegua rinnovando modelli percettivi, sperimentali, critici e partecipativi, non più nella preparazione o annunciazione del mondo futuro bensì nell’elaborazione di inediti universi possibili”.
Ma le premesse suscitano perplessità: se materia dell’arte fossero, come appare ora, la relazione, il comportamento, l’ambiente stesso della vita quotidiana, in quale altro spazio troverebbero collocazione residuale gli oggetti distintivi dell’arte? Con quali forme e per quali tecniche dovrebbe esprimersi l’immaginazione nel trarre ordine dal contesto?
Il livello politico e i processi di democratizzazione dell’espressione, nell’affermata formula dell’opera aperta, conclusa nell’ideazione collettiva e nell’attivismo dei destinatari, sembrano contribuire al depotenziamento dell’opera, sempre più indebolita. Una sorta di regressione, quindi, conforme alle finalità del mercato e al sistema speculativo da cui prende vigore nell’affermazione di una pervasiva demagogia dell’immagine, attraverso la quale chiunque può parlare di tutto compiacendo le mode e le aspettative più eterogenee.
Eppure in queste circostanze – quasi ineludibile compensazione – sembrano aprirsi spazi rinnovati all’iniziativa individuale. Ai miti del collettivismo creativo e della massificazione sembra rispondere l’utopia generosa della ricerca personale, della realizzazione libera, nell’assunzione di una piena responsabilità volta alla determinazione dell’opera. Nessuna opposizione, pur tuttavia, all’integrazione nella società e nemmeno la vocazione a ritrarsi nell’ideale turris eburnea, ma piuttosto la via del coinvolgimento dialettico stretto, serrato, criticamente edificante nella rappresentazione specifica della propria storia e della propria verità.
Le immagini realizzate da Daniela Ferretti documentano il ciclo espositivo “CONTRAPPUNTO – In forma individuale” svolto a cura di Flag No Flags Contemporary Art nella Chiesa dei SS Carlo e Agata dal 7 ottobre al 4 dicembre 2022.