Abbiamo fatto qualche domanda a Chan Hyo Bae, fotografo sud coreano che ci ha affascinato con le sue fotografie simili a ritratti regali.

Il tuo tentativo di comprendere l’essenza della cultura britannica sta funzionando o no, e perché?

Dopo aver finito il mio anno in Canada e dopo dodici ore di volo, sono arrivato a Londra nel 2004. Anche dopo molti anni dal mio arrivo in Inghilterra, continuavo a sentirmi uno straniero.

Ho avuto una serie di shock culturali e di esperienze spiacevoli riconducibili alla discriminazione razziale causata dalla convinzione che la cultura occidentale sia superiore.

Credo che alla base della incomprensione tra le culture vi siano valori egocentrici che hanno portato alla classificazione di buono e cattivo. Il dominio sociale è stato sostenuto attraverso molti strumenti come la violenza. In epoca contemporanea, la definizione di giustizia si è ridotta al fatto che le persone deboli e le minoranze siano da essa protette, ma io la sentivo come una realtà lontana. In questo senso, la questione di genere e le differenze culturali sono stati fattori importanti per le mie opere. Ho cercato di capire cosa mi stava succedendo e il perché di queste situazioni spiacevoli. Questo è stato il punto di partenza per decidere di mettermi davanti alla macchina fotografica indossando costumi di donne inglesi.

Ho lavorato alla serie “Existing in Costume” per dieci anni con l’obiettivo di scoprire la ragione della mia alienazione dovuta al pregiudizio culturale. “Existing in costume” è composta di quattro parti: “Selfportrait“(2005 – 2007), “Fairy tales” (2008 – 2010), “Punishment” (2011 – 2012) e “Witch hunting” (2013 – 2016).

Queste sono le opere che ho prodotto durante il mio periodo in Inghilterra, un modo per esplorare la posizione sociale degli uomini asiatici nella società occidentale.

Il tema più importante per me è la comprensione della definizione e del significato di differenza, e la più importante questione è capire il criterio per determinare la superiorità nella differenza.

Pertanto con le mie opere ho iniziato la ricerca sulla cultura e la storia.

Il tentativo di capire l’essenza della cultura britannica ha cambiato il mio atteggiamento nella comprensione del rapporto tra me e la società in cui vivo. Tuttavia, non posso ancora dichiarare che sia un tentativo efficace in quanto è ancora in corso. Potrei dire che ho imparato molte cose sulla relazione tra noi e le domande fondamentali che mi pongo.

In Italia abbiamo un detto: “L’abito non fa il monaco”, cioè non basta indossare un abito per diventare qualcuno. Che ne pensi?

I miei sforzi di vestirmi da persone diverse non erano per diventare altro. So che è impossibile essere Altri. Ho voluto esprimere il mio sentimento di alienazione come Altri nella società occidentale e parlare di me a tutti.

Hai imparato qualcosa dall’impersonare pilastri dell’identità inglese? Ti senti più a tuo agio a vivere in un paese occidentale?

Sono ancora uno straniero con un background culturale diverso nella società occidentale. Penso che questo non sia una questione di razza, ma una questione di struttura di classe sociale. Ciò che si deve sciogliere tutti insieme è il problema del potere che esiste nella natura umana. Dietro a questo c’è la questione della fede assoluta. La gente riconosce e rispetta l’eccellenza di altre culture. Tuttavia, le persone che hanno credenze diverse non vengono accettate e possono facilmente diventare nemici o Altri. Il pregiudizio e la violenza troveranno una varietà di cause ovunque, fino a quando gli standard e le definizioni di queste relazioni dominanti non saranno disturbati.

All’inizio della mia vita nel Regno Unito, ho fatto molte esperienze che ho mal interpretato perché non conoscevo molto della cultura occidentale. Penso che tutti questi fraintendimenti potrebbero essere il risultato dei pregiudizi che hanno gli esseri umani. Ho dovuto elaborare una varietà di approcci diversi per comprendere una cultura diversa dalla mia, e, dal mio punto di vista, è stato piacevole sperimentare.

L’ultima domanda riguarda il futuro: stai continuando questo tipo di sperimentazioni?

Occident’s Eye è il mio ultimo progetto per mostrare la violenza delle relazioni dominanti ed esprimere le relative prospettive di categorizzazione. L’attenzione si è concentrata sulla violenza verso gli le persone fuori dagli schemi e la fede assoluta che giustifica tale violenza. La definizione di religione, mito e superstizione e le loro relazioni sono i soggetti del mio lavoro recente. Ho deciso di materializzare in opera visiva la protesta contro l’assolutezza.

La questione delle credenze assolute è iniziata con l’interesse per il pregiudizio culturale e il processo di esclusività umana che ho sperimentato nelle diverse culture. Su questo sfondo, ho cercato di interpretare la relazione tra mito, religione e superstizione.

Il mito non è una religione. Nessuno oggi considera i miti egiziani o mesopotamici come espressioni di fede. Eppure, nei tempi antichi, erano il centro dell’ordine sociale e rappresentavano tutto quello che bisognava credere. Noi chiamiamo “mito” questa fede ormai fossilizzata e non vi sono conflitti o collisioni con la religione. Ma le cose sono diverse nel caso della superstizione, che coesiste ancora oggi con la religione. Per esempio, lo sciamanesimo in passato aveva il ruolo di favorire una felicità pratica come il benessere o la prosperità. Eppure lo sciamanesimo di oggi, il totemismo e l’animismo sono tutti definiti dal razionalismo scientifico. Ho messo in discussione i criteri di categorizzazione tra superstizione e religione e i loro limiti. Inoltre, ho messo in discussione la distinzione tra “Noi” e gli “Altri”.

Il mio prossimo progetto unirà lo sciamanesimo e la mitologia nordica per capire il valore dello Sconosciuto. Sto lavorando ad un tentativo di contattare Odino, uno degli dei della mitologia nordica attraverso uno sciamano coreano.


Due degli scatti della serie The Punishment sono esposti nella mostra True Fictions. Fotografia visionaria dagli anni ’70 ad oggi allestita presso Palazzo Magnani fino al 28 Marzo.